(massima n. 1)
In materia di responsabilità aquiliana, il rigore del principio dell'equivalenza delle cause, posto dall'art. 40 c.p., in base al quale, se la produzione di un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale, trova il suo temperamento solo nel principio della causalità efficiente, desumibile dal secondo comma dell'art. 41 dello stesso codice, in base al quale l'evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all'autore della condotta sopravvenuta, solo se questa azione risulti tale da rendere irrilevante le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto. (Nella specie, in un caso di morte di un militare di leva provocata da «sindrome epilettogena» a seguito del trauma dovuto allo scoppio di una bomba durante un'esercitazione, i giudici di merito, pur avendo accertato gravi negligenze dei medici militari avevano negato che ciò costituisse l'antecedente causale necessario della morte osservando che l'infortunato era stato poi sottoposto da un proprio medico di fiducia ad idonea terapia onde non poteva escludersi che l'aggravamento e la morte fossero dipesi da insufficiente risposta al trattamento o da errori commessi dal paziente nell'assunzione dei farmaci, e non poteva, per contro affermarsi che egli sarebbe sicuramente sopravvissuto se, a seguito di tempestiva e corretta diagnosi, i medici militari gli avessero prescritto una diversa e migliore terapia. La S.C. ha cassato la decisione impugnata ribadendo il principio di cui alla massima).