(massima n. 1)
Ai fini dell'accertamento della sussistenza della responsabilitā ex art. 2050 c.c., il giudizio sulla pericolositā dell'attivitā svolta ossia l'apprezzamento della stessa come attivitā che, per sua natura, o per i mezzi impiegati, rende probabile, e non semplicemente possibile, il verificarsi dell'evento dannoso da essa causato, distinguendosi, cosė, dall'attivitā normalmente innocua, che diventa pericolosa per la condotta di chi la eserciti od organizzi, comportando la responsabilitā secondo la regola generale di cui all'art. 2043 c.c. quando non č espresso dal legislatore, č rimesso alla valutazione del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimitā, ove correttamente e logicamente motivata. Rispetto a tale accertamento di fatto, l'onere di provare la sussistenza di un'attivitā pericolosa incombe su chi invoca l'applicazione dell'art. 2050 c.c. (Nella specie, la S.C., alla stregua del principio enunciato, ha confermato, in parte qua, la decisione della corte di merito, che, in riforma di quella del giudice di primo grado, aveva rigettato la richiesta ex art. 2050 c.c. di risarcimento dei danni subiti dall'attore appellato durante una gara sciistica, della cui organizzazione non era stata invocata la qualificazione come attivitā pericolosa ex lege, escludendo l'applicabilitā di detta nonna per non essere stata fornita dallo stesso attore la prova della pericolositā della predetta attivitā di organizzazione).