(massima n. 1)
In tema di separazione personale, il grave stato di infermità di uno dei coniugi, perdurante nel tempo e non reversibile, può costituire, per le modalità in cui si manifesti e per le implicazioni nella vita degli altri componenti il nucleo familiare, specialmente se investa la sfera psichica della persona precludendo ogni possibilità di comunicazione o di intesa, un elemento di così grave alterazione dell'equilibrio coniugale, da determinare di per sé stesso un'oggettiva impossibilità di prosecuzione della convivenza. In siffatta ipotesi, ove l'altro coniuge non adempia ai doveri di assistenza morale e materiale, ai fini della eventuale pronuncia di addebito, la violazione di tale dovere non può essere riguardata di per sé stessa, ma occorre invece accertare in concreto — con riferimento a tutte le circostanze del caso concreto ed alla successione temporale degli avvenimenti — se la condotta del coniuge rifletta un atteggiamento di mero rifiuto dell'impegno solidaristico assunto con il matrimonio, o non costituisca piuttosto una presa d'atto di una non superabile e già maturata situazione di impossibilità della convivenza.