(massima n. 2)
Per effetto delle sentenze n. 319/1989, 356/1991 e 485/1991 della Corte costituzionale, ed in conseguenza della rilevanza, nell'ambito del danno biologico, della riduzione della capacità lavorativa generica, l'istituto gestore delle assicurazioni sociali (Inail) non ha azione diretta di regresso ex artt. 10 e 11 D.P.R. n. 1124/1965 né può surrogarsi (ex art. 1916 c.c.) nei diritti dell'assicurato al risarcimento del danno alla persona, senza possibilità di scindere, all'interno di questo, le varie componenti ed i relativi risarcimenti, in quanto la copertura assicurativa prevista dall'attuale sistema dell'assicurazione sociale contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, pur non avendo ad oggetto il danno patrimoniale in senso stretto, non è, peraltro, riferibile né al danno biologico né a quello morale, essendo le indennità previste dal citato D.P.R. n. 1224/1965 collegate e commisurate esclusivamente ai riflessi che la menomazione psicofisica ha sull'attitudine al lavoro dell'assicurato, mentre nessun rilievo assumono gli svantaggi, le privazioni e gli ostacoli che la menomazione stessa comporta con riferimenti agli altri ambiti ed alle altre modalità di espressione della personalità del danneggiato nella vita di relazione.