(massima n. 1)
L'ordinamento processuale va letto nel contesto dei principi fondamentali posti dalla Costituzione, alla cui luce il giudice penale non può disporre mezzi istruttori lesivi della vita, incolumità, dignità o intimità psichica (art. 2 Cost.) ovvero pericolosi per la salute del periziando (art. 32 Cost.). Entro tali limiti, peraltro, la perizia medico-legale è certamente uno dei "modi" legittimi mediante i quali, in base allo stesso art. 13, comma secondo, Cost., è consentito all'autorità giudiziaria, attuare, previa congrua motivazione, restrizioni della libertà personale, mentre le ragioni relative all'accertamento della verità in sede penale sicuramente rientrano fra i "casi previsti dalla legge". Né il prelievo ematico (di ordinaria amministrazione nella pratica medica e posto in questione nel caso di specie) lede o mette in pericolo alcuno degli anzidetti valori. Tanto meno può venire in causa il comma quarto dell'art. 13 Cost, giacché le violenze cui esso si riferisce sono quelle illecite, e tali non possono considerarsi le minime prestazioni personali imposte, all'imputato o a terzi, da un normale e legittimo mezzo istruttorio. (Infondatezza, in riferimento all'art. 13 Cost., commi secondo e quarto, della questione di legittimità costituzionale degli artt. 146, 314 e 317 cod.proc.pen. - concernenti poteri dispositivi e coercitivi del giudice penale nella scelta e nell'esecuzione dei mezzi di indagine peritale).