(massima n. 1)
Secondo quanto si desume dagli artt. 2437 cod. civ. e 25, comma terzo, della legge 31 maggio 1995, n. 218, il trasferimento della sede sociale all'estero non fa venir meno la "continuitā" giuridica della societā trasferita, specie quando la legge applicabile nella nuova sede concordi con il determinarsi di tale effetto: nč, tanto meno, un mutamento di identitā potrebbe essere ricollegato al contemporaneo cambiamento della denominazione sociale o alla eventuale invaliditā degli atti cui tali vicende sono collegate. Ne consegue che la societā risultante a seguito delle indicate modificazioni deve ritenersi legittimata a proporre opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento emessa nei confronti della societā "originaria", nonchč a proporre appello avverso la sentenza di primo grado che tale opposizione abbia respinto. (Nella specie, di seguito alla dichiarazione di fallimento di una societā a responsabilitā limitata, si era costituita nel giudizio di opposizione promosso da quest'ultima, facendone proprie le istanze e le difese, una societā diversamente denominata, qualificatasi come la risultante delle modificazioni della societā fallita, la quale aveva trasferito la propria sede nelle Isole Vergini Britanniche, assumendo lo "status" di "International Business Company" con nuova denominazione. Sulla base dell'enunciato principio, la S.C. - rilevato come la legge applicabile nella nuova sede prevedesse, nell'ipotesi considerata, la "continuitā" del nuovo ente rispetto a quello "originario" - ha quindi cassato con rinvio la sentenza impugnata, la quale, in accoglimento dell'eccezione del curatore fallimentare, aveva dichiarato inammissibile, per carenza di legittimazione attiva, l'appello proposto dall'anzidetta societā contro la sentenza di primo grado, reiettiva dell'opposizione, sul rilievo che non risultava provata la "derivazione" della societā appellante da quella dichiarata fallita).