(massima n. 1)
In tema di imposte sui redditi d'impresa, dalla complessiva prescrizione dell'art. 75 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 si desume che anche per le spese e gli altri componenti negativi dei quali "non sia ancora certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare" il legislatore considera come "esercizio di competenza" quello nel quale nasce e si forma il titolo giuridico che costituisce la fonte di ciascuna di tali voci, limitandosi soltanto a prevedere una deroga al principio della competenza, col consentire la deducibilità di dette particolari spese e componenti nel diverso esercizio nel quale si raggiunge la certezza della loro esistenza ovvero la determinabilità, in modo obiettivo, del relativo ammontare. L'individuazione dell'"esercizio di competenza" involge, d'altro canto, accertamenti di fatto, che rientrano tra i compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento può essere censurato in sede di legittimità unicamente sotto il profilo del vizio motivazionale. (Sulla base degli enunciati principi, la S.C. ha ritenuto quindi immune da censura la decisione impugnata, secondo cui l'importo del risarcimento del danno - qualificabile come sopravvenienza passiva - richiesto alla società contribuente da una consociata estera doveva ritenersi deducibile nell'esercizio in cui detto risarcimento era stato rivendicato, e non nel successivo esercizio in cui la società interessata aveva riconosciuto la fondatezza della richiesta, dato che tale riconoscimento non costituiva la fonte dell'obbligazione risarcitoria né valeva a rendere certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare dell'obbligazione stessa, configurando l'iniziale contestazione del debito - alla stregua della valutazione operata dal giudice del merito - una manovra intesa a dilazionare il pagamento o a diminuire l'importo dovuto). (rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 2 Luglio 2001).