(massima n. 1)
La norma eccezionale di cui all'art. 6 della legge n. 898 del 1970, modificato dall'art. 11 della legge 6 marzo 1987, n. 74, che consente il sacrificio della posizione del coniuge titolare dei diritti reali o personali sull'immobile adibito ad abitazione coniugale, mediante l'assegnazione di questa, in sede di divorzio, all'altro coniuge alla condizione della sua convivenza con figli minori, o maggiorenni non autonomi economicamente, non può trovare applicazione quando il nucleo familiare formato dal coniuge assegnatario e dai figli abbia perso la propria identità originaria, come nel caso di formazione di un aggregato familiare da parte del figlio convivente con il coniuge assegnatario, comportante l'ingresso di persone estranee e il prevalente interesse di sopravvivenza del nuovo nucleo rispetto a quello originario. (Nella specie la S.C. ha confermato, sulla base del riportato principio, la sentenza di merito, che, nel pronunciare il divorzio, aveva disposto la restituzione al marito della casa familiare già assegnata alla moglie al tempo della separazione personale — correlativamente riequilibrando però la posizione economica mediante un assegno di mantenimento riconosciuto a favore della moglie — sulla base del rilievo che non poteva più ritenersi a carico della madre il figlio ventottenne che aveva instaurato un rapporto di convivenza e impiantato un nuovo nucleo familiare).