(massima n. 1)
La ratio legis ed il tenore letterale della norma di cui al secondo comma dell'art. 6 della legge n. 898 del 1970, come sostituito dall'art. 11 della legge n. 74 del 1987 (a mente del quale il tribunale, pronunciando lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, provvede in ordine alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa e, ove lo ritenga utile all'interesse dei minori, anche in relazione all'età degli stessi, può disporne l'affidamento congiunto o alternato) sono tali da lasciar intendere che la questione dell'affidamento della prole ivi disciplinata è rimessa, in via esclusiva, alla valutazione discrezionale del giudice di merito, il quale, nel dare adeguatamente conto delle ragioni della decisione adottata (secondo il parametro normativo di riferimento costituito dall'interesse del minore), esprime un apprezzamento di fatto non suscettibile di censura in sede di legittimità. (Nella specie, la corte territoriale, nel motivare il rigetto della richiesta di affidamento alternato avanzata dal padre della minore, aveva evidenziato: 1) che la madre, non essendo impegnata in attività lavorativa esterna, era in condizioni di seguire più assiduamente la figlia rispetto al padre, impiegato di banca e, perciò, assente da casa per gran parte della giornata e non in condizione di offrire alla figlia eguale assistenza; 2) che, per il passato, la stessa madre aveva già adeguatamente provveduto alle esigenze materiali e morali del minore; 3) che le modalità di frequentazione stabilite con riguardo al genitore non affidatario consentivano di valorizzare altrettanto adeguatamente la figura paterna. La S.C., nell'enunciare il principio di diritto di cui in massima, ha confermato l'impugnata decisione).