(massima n. 1)
All'esito delle modifiche apportate, all'art. 4 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, dall'art. 8 della legge 6 marzo 1987 (applicabili anche in tema di separazione giudiziale dei coniugi, in virtù e nei limiti della disposizione di cui all'art. 23), alla natura fin dall'origine contenziosa dei procedimenti di separazione giudiziale e di scioglimento del matrimonio non si accompagna la caratterizzabilità dell'udienza presidenziale di comparizione dei coniugi in termini corrispondenti (nel caso di fallimento del tentativo di conciliazione) a quelli dell'udienza prevista dall'art. 180 c.p.c.; con la conseguenza, fra l'altro, che, a tutti i fini che concernono i termini per la costituzione del coniuge convenuto e quelli di decadenza dello stesso per la formulazione delle domande riconvenzionali ivi compresa quella di riconoscimento dell'assegno divorzile — quale udienza di prima comparizione, rilevante ai sensi dell'art. 180 c.p.c. e degli artt. 166 e 167 c.p.c., deve intendersi esclusivamente quella innanzi al giudice istruttore nominato all'esito della fase presidenziale. Né — manifestamente — siffatta interpretazione del quadro normativo, determinatosi a seguito dell'abrogazione della previsione della notifica dell'ordinanza conclusiva della fase presidenziale, può dirsi contrastante con gli artt. 24 e 3 Cost., atteso che la necessità di eventuali ulteriori avvertimenti, durante lo svolgimento del giudizio, in relazione al verificarsi di determinate circostanze, non può valere ad individuare il contenuto del diritto di difesa costituzionalmente garantito, e che non è neppure ipotizzabile una disparità di trattamento rispetto ai convenuti nei giudizi di rito ordinario, considerata la specialità del procedimento di divorzio (e di separazione giudiziale) evidenziata proprio dalla peculiarità della fase introduttiva.