(massima n. 1)
Al fine di stabilire la natura del termine di sessanta giorni, concesso al prefetto dell’art. 204 primo comma del nuovo codice della strada per l’emanazione dell’ordinanza-ingiunzione, irrogativa di una sanzione amministrativa pecuniaria, non deve farsi riferimento al principio, emergente dagli articoli 152, secondo comma, c.p.c. e 173, primo comma, c.p., in ordine alla necessità per i termini previsti da una disposizione di legge, di un’espressa qualificazione di perentorietà da parte della legge stessa, riguardando tali norme i termini relativi ai procedimenti giurisdizionali, bensì deve farsi applicazione della normativa della legge 241/1990 — espressamente qualificata di carattere generale dell’art. 29 della stessa legge e, dunque, applicabile anche al procedimento ex art. 204 citato — sui termini imposti alla P.A. nell’ambito del procedimento amministrativo, e segnatamente della norma dell’art. 2 di detta legge, che, imponendo alla pubblica amministrazione l’obbligo di concludere ogni procedimento entro il termine di trenta giorni, se non sia previsto, con riguardo allo specifico procedimento, un apposito altro termine, implica che l’osservanza del termine stesso (sia esso quello generale di trenta giorni o quello specificamente previsto, come nel caso del suddetto art. 204) integri un requisito di legittimità del provvedimento amministrativo, con la conseguenza che la sua inosservanza configura una violazione di legge, sindacabile in cassazione, e comporta l’annullamento dell’ordinanza-ingiunzione. (Nell’affermare questi principi la Suprema Corte ha espressamente censurato la sentenza pretorile che aveva qualificato come ordinatorio il predetto termine ex art. 204).