(massima n. 1)
Il procedimento di correzione degli errori materiali o di calcolo, previsto dagli artt. 287 e 288 c.p.c., è esperibile non solo per ovviare ad un difetto di corrispondenza tra l'ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica, chiaramente rilevabile dal testo del provvedimento e, come tale, rilevabile "ictu oculi", ma anche in funzione integrativa, in ragione della necessità di introdurre nel provvedimento una statuizione obbligatoria consequenziale a contenuto predeterminato, ovvero una statuizione obbligatoria di carattere accessorio, anche se a contenuto discrezionale. Può inoltre farsi ricorso a tale procedimento quando il giudice, nel redigere la sentenza e in conseguenza di un mero errore di sostituzione del "file" informatico, abbia commesso uno scambio di provvedimenti nella fase di impaginazione, facendo seguire, ad un'epigrafe pertinente, uno "svolgimento del processo", dei "motivi della decisione" ed un dispositivo afferenti ad una diversa controversia decisa in data coeva nei confronti delle stesse parti: in tal caso, infatti, l'estensione della correzione non integra il deposito di una decisione affatto distinta, la quale verrebbe interamente sostituita a quella corretta.