(massima n. 1)
Con la norma dell'art. 1453, ultimo comma c.c., la quale stabilisce che la proposizione della domanda di risoluzione del contratto preclude al debitore la facoltà di adempiere tardivamente la propria obbligazione, il legislatore ha inteso non soltanto escludere la possibilità da parte del giudice di concedere dilazioni e termini di grazia, ma fissare altresì il principio che, mentre l'adempimento compiuto prima della domanda può essere sempre tempestivo, e quindi idoneo ad escludere la risoluzione, l'adempimento posteriore alla notifica dell'atto introduttivo del giudizio, in quanto tardivo, diventa inefficace qualora il giudice accerti che era venuto meno l'interesse del creditore alla prestazione.