(massima n. 1)
L'interpretazione e la qualificazione da parte del giudice amministrativo dell'esatto contenuto e degli effetti degli atti impugnati, così come l'interpretazione della legge da applicare, costituiscono il "proprium" della funzione giurisdizionale, e non un'attività riservata alla P.A., sicché non eccede i limiti della propria giurisdizione il Consiglio di Stato che, nel decidere in ordine alla legittimità della deliberazione con cui il C.S.M. ha conferito un incarico direttivo, compia siffatta attività di interpretazione e qualificazione, al fine di verificare la sussistenza o meno della violazione di legge, indipendentemente dal modo in cui tale verifica sia in concreto esercitata (riguardante i limiti interni della giurisdizione) e sempre che non venga prospettato un caso di interpretazione abnorme o di radicale stravolgimento di norme. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto insindacabile l'annullamento da parte del giudice amministrativo dell'art. 21, lett. b), della circolare C.S.M. del 28 luglio 2015, recante il T.U. sulla dirigenza giudiziaria, e, per invalidità derivata, della deliberazione di conferimento dell'incarico che ne ha dato attuazione, nella parte in cui include la partecipazione al collegio delle Sezioni Unite tra gli indicatori attitudinali specifici per assunzione dell'ufficio di presidente di sezione della S.C., in quanto contrastante con l'art. 12, commi 11 e 12, del d.lgs. n. 160 del 2006, oltre che intrinsecamente irragionevole).