(massima n. 1)
La controversia attinente al rispetto del dovere scaturito dalla clausola di una convenzione inerente ad un piano di lottizzazione urbanistica con la quale, a fronte della cessione a titolo gratuito al comune di alcune aree destinate a verde pubblico da parte del privato, viene costituita, a favore della residua proprietà di quest'ultimo, una servitù "non aedificandi" a carico delle aree cedute appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario e va ricondotta nell'ambito della previsione di cui all'art. 1079 c.c., involgendo un diritto di natura reale che, benché scaturito dall'esecuzione della convenzione, configura, per la sua valenza "erga omnes", una fonte autonoma di rapporti giuridici. Del resto, da un lato, la giurisdizione esclusiva in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi sostitutivi dei provvedimenti finali dei progetti di lottizzazione ha carattere obbligatorio (arg. ex art. 11, comma 2, della L. n. 241 del 1990), in ciò confliggendo con la natura assoluta del diritto esercitato nella menzionata controversia; dall'altro, alla violazione della servitù di non edificare non risulta collegabile alcun provvedimento che in qualche modo incida, revocandola in tutto o in parte, sulla predetta convenzione, con la conseguenza che il comune non agisce, neppure mediatamente, nell'esercizio di pubblici poteri, ma nell'ambito di un rapporto privatistico.