(massima n. 1)
La novella dell'art. 606, comma primo, lett. e) c.p.p. ad opera dell'art. 8 L. n. 46 del 2006, con la previsione che il vizio della motivazione può essere dedotto quando risulti anche da altri atti del processo, non ha fatto venire meno il limite della testualità del vizio, che è diretta conseguenza dell'ambito di cognizione della Corte di cassazione, il cui controllo è limitato alla motivazione e non si estende alla giustificazione, sicché essa va letta con riguardo soltanto agli atti dai quali derivi un obbligo di pronuncia che si assuma violato dal giudice del merito, come ad esempio la richiesta di una circostanza attenuante o della sostituzione della pena detentiva. (La Corte precisa che il vizio derivante dal fatto che il giudice del merito si sia giovato di una prova inesistente o abbia erroneamente negato l'esistenza stessa di un atto probatorio, vizio di c.d. travisamento della prova, non attiene alla motivazione e può essere fatto valere nel giudizio di legittimità come error in procedendo a norma dell'art. 606, comma primo, lett. c) c.p.p., rispetto al quale la Corte è giudice anche del fatto, potendo così accedere al fascicolo delle prove).