(massima n. 1)
Nell'ambito dell'associazione a delinquere di stampo mafioso denominata «Cosa Nostra» la semplice appartenenza dei cosiddetta «capi-mandamento» all'organismo collegiale centrale (denominato «commissione»), composto da un numero ristretto di associati ed investito del potere di deliberare in merito alla realizzazione di singoli fatti criminosi da considerare di speciale importanza per la vita dell'organizzazione criminale (nella specie un omicidio «eccellente» di un giornalista particolarmente attivo nella lotta alla mafia), non costituisce concorso morale nel delitto di omicidio, non essendo configurabile per i membri della «commissione» una responsabilità di «posizione» Perché si realizzi una siffatta responsabilità occorre, infatti, che il singolo componente, informato in ordine alla deliberazione da assumere, presti il proprio consenso, anche tacito, fornendo così il proprio contributo allo specifico reato, quantomeno mediante il rafforzamento delle altrui determinazioni volitive. Peraltro, il consenso tacito non può essere desunto dal semplice silenzio tenuto dal componente che non abbia partecipato alla riunione, salvo che risulti specificamente provata l'esistenza di una regola per le deliberazioni della commissione mafiosa, consistente nell'obbligo di manifestare l'opinione dissenziente, in forza della quale il silenzio tenuto dal capo-mandamento rappresenti la manifestazione di un parere favorevole all'omicidio.