(massima n. 1)
In tema di bancarotta impropria da reato societario, la nuova disciplina introdotta dall'art. 4 del D.L.vo 11 aprile 2002, n. 61 si pone in rapporto di continuità rispetto alla precedente formulazione, in quanto il nesso di causalità tra la condotta ed il dissesto, richiesto dalla novella, costituisce elemento specializzante rispetto alla precedente fattispecie. Si verte, pertanto, in ipotesi di successione di norme con effetto abrogativo solo parziale, e cioè limitatamente ai casi in cui non sussista, in concreto, l'anziddetto rapporto di causalità. Allo scopo di verificare se i fatti commessi prima dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni siano sussumibili nell'attuale fattispecie criminosa occorre fare riferimento alla contestazione, essendo necessario che siano stati contestati, in termini formali o anche solo sostanziali, comunque in modo da renderne possibile alla difesa, tutti i dati che attualmente concorrono alla configurabilità del reato. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto che, non risultando contestate nel capo d'imputazione né la soglia minima di rilevanza penale della condotta ai sensi dell'art. 2621 c.c., né il nesso di causalità richiesto dall'art. 223 legge fallimentare, il fatto come addebitato non rientrava nelle ipotesi criminose delineate da dette norme, sicché si imponeva l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata).