(massima n. 1)
La concessione della sospensione condizionale, ai sensi dell'art. 163 c.p.p., costituisce esercizio di un potere attribuito dalla legge esclusivamente al giudice in vista della finalità rieducativa della pena, con la conseguenza che non sono ipotizzabili né la necessità di istanza da parte dell'imputato né il potere della parte di rinunciare al beneficio. Tale disciplina manifestamente non viola il principio costituzionale di uguaglianza né il diritto di difesa, atteso che non può assumere alcuna giuridica rilevanza l'interesse dell'imputato a riservare la sospensione condizionale ed eventuali future condanne, trattandosi di prospettazione che si pone in chiara contraddizione con la prognosi di non reiterazione di fatti penalmente illeciti imposta dall'art. 164, comma 1, c.p., per la concessione del beneficio. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha rigettato il ricorso con il quale l'imputato aveva, fra l'altro, denunciato come illegittima la concessione d'ufficio della sospensione condizionale della pena, solo pecuniaria, a lui inflitta per un reato contravvenzionale).