(massima n. 1)
La revoca della sospensione condizionale della pena erroneamente concessa può essere disposta dal giudice dell'esecuzione solo nel caso che si verta in un'ipotesi di revoca obbligatoria, di cui all'art. 168, comma 1, nn. 1 e 2, c.p., perché le ipotesi di revoca facoltativa implicano l'esercizio di poteri discrezionali riservati al giudice di cognizione. Ne consegue che, in tema di continuazione fatta valere in executivis, allorquando non debba essere revocata di diritto la sospensione condizionale della pena più grave, da prendere a base del calcolo sanzionatorio, il giudice dell'esecuzione può irrogare, in continuazione, un aumento di pena da far effettivamente eseguire soltanto se tutte le sospensioni condizionali delle pene irrogate con le condanne relative ai reati da unificare siano da revocare di diritto ovvero se l'aumento di pena sia, da solo, superiore al limite stabilito dall'art. 163 c.p., ma non può mai revocare la sospensione già concessa. (In motivazione, la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che è erronea la configurazione come entità unitaria del reato continuato, che si fonda, invece, su una finzione giuridica determinata dal favor rei, per la quale più reati concorrenti vengono considerati come unico reato allo scopo di attenuare il rigore del cumulo materiale delle pene, senza che ciò incida sull'essenza, sull'identità e sull'autonomia delle singole violazioni per le quali vige la disciplina del concorso materiale dei reati).