(massima n. 1)
In tema di partecipazione ad associazione di stampo mafioso, l'attribuzione della qualità di «uomo d'onore» ad un soggetto, finché emerge e resta nell'ambito del procedimento in cui il collaboratore di giustizia riferisce tale qualifica, ha valore di una notitia criminis al pari di ogni altra e deve essere approfondita come tutte, ma quando viene introdotta nel processo a carico dell'accusato assume dignità di elemento di prova e deve essere valutata alla stregua dei criteri fissati dall'art. 192 c.p.p., che riconosce alle dichiarazioni rese dal coimputato o dall'imputato di reato connesso o collegato valore di prova e non di mero indizio, purché esse trovino in altri elementi o dati probatori che possono essere di qualunque natura, e che devono essere rafforzativi di tali dichiarazioni accusatorie e consentire un inequivocabile collegamento logico con i fatti del processo e la persona degli accusati. Per quanto riguarda poi la prova della appartenenza all'associazione mafiosa, la ricostruzione della rete dei rapporti personali, dei contatti, delle cointeressenze e delle frequentazioni assume rilevanza ai fini della dimostrazione della affectio societatis anche se non attinente alla condotta associativa delineata dalla norma e a maggior ragione se non ad uno dei reati scopo del sodalizio.