(massima n. 1)
In tema di conversione di pene pecuniarie, il titolo che dispone la misura in cui la pena è convertita e le modalità concrete di esecuzione della stessa sono concettualmente diversi, sicché il collegamento solo «funzionale» operato tra le relative statuizioni dal quarto comma dell'art. 660 c.p.p. non è di ostacolo ad una separata decisione, quando, sorto l'obbligo di convertire la pena pecuniaria, non sia ancora possibile determinare le modalità di esecuzione della misura applicata, come avviene nel caso di condannato irreperibile. (Fattispecie in cui il magistrato di sorveglianza aveva dichiarato la propria incompetenza a disporre la conversione della pena pecuniaria nei confronti di un condannato irreperibile, assumendo che fino a quando costui non fosse stato reperito non poteva essere operata la conversione in quanto non risultava possibile determinare nel contempo le modalità di esecuzione della misura sostitutiva; la Cassazione ha ritenuto infondato tale assunto ed ha enunciato il principio di cui in massima, osservando altresì che anche il disposto dell'art. 102 L. 24 novembre 1981, n. 689, che consente di far cessare in ogni momento la pena sostitutiva a mezzo del pagamento della pena pecuniaria dovuta, rende opportuno che anche nel caso di irreperibilità si proceda comunque alla formazione del titolo relativo alla conversione, onde porre l'onere al condannato di attivarsi al pagamento per evitare la pena sostitutiva).