(massima n. 1)
Ai fini della corretta motivazione dei provvedimenti in materia di misure cautelari personali in ordine alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, non può considerarsi sufficiente la mera enunciazione delle fonti di prova, essendo, al contrario, compito indeclinabile del giudice di merito quello di interpretare gli elementi indiziari a disposizione, di valutarne il contenuto con prudente apprezzamento e, quindi, di esternare le ragioni logiche che rendono attendibile una conclusione anziché un'altra. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la corte ha annullato con rinvio un'ordinanza del tribunale del riesame nella quale la motivazione relativa agli indizi di colpevolezza, non integrabile neppure mediante riferimento a quella dell'ordinanza applicativa della misura cautelare, consisteva unicamente nella apodittica affermazione secondo cui gli indizi anzidetti erano forniti dalle «convergenti dichiarazioni», non meglio illustrate, di alcuni «collaboranti», di cui si indicavano soltanto i nominativi).