(massima n. 1)
L'art. 2, terzo comma, c.p. prevede le ipotesi in cui una legge posteriore al tempo del commesso reato modifichi la fattispecie incriminatrice anteriore, senza abolire l'incriminazione né crearne di nuove, e fissa il principio dell'applicabilità della disposizione più favorevole all'imputato, cioè dell'irretroattività delle modificazioni sfavorevoli e della retroattività di quelle favorevoli. Ai fini della determinazione della legge più favorevole, il giudizio di comparazione tra leggi susseguentesi nel tempo deve avere come unico oggetto il raffronto tra le disposizioni che disciplinano la stessa materia, vale a dire il reato contestato e le sue circostanze, e non può, pertanto, trovare applicazione ai sensi dell'art. 2, terzo comma, c.p., nel giudizio di Cassazione relativo di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti (art. 72 L. 22 dicembre 1975, n. 685), l'art. 61, n. 4 c.p. — modificato dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19 — nel caso in cui non abbia formato oggetto di richieste o di cessione nel corso dei primi due gradi di giudizio, in quanto tale norma non prevede, neanche nella nuova formulazione, una circostanza attenuante di carattere «speciale» con riferimenti ai reati in materia di stupefacenti, ma una attenuante «comune».