(massima n. 1)
A seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme che attribuivano al Ministero della difesa il potere di provvedere in ordine alla liberazione condizionale dei militari condannati, la competenza a decidere appartiene, in mancanza di una regolamentazione legislativa della materia, non all'autorità giudiziaria ordinaria, ma all'autorità giudiziaria militare, essendo principio generale del nostro ordinamento giuridico affidare la soluzione delle questioni che insorgono in ordine all'esecuzione della pena, al giudice ordinario o speciale che emise la condanna. Nella situazione di lacuna legislativa determinatasi a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme che attribuivano al Ministro della difesa il potere di provvedere in ordine alla liberazione condizionale dei militari condannati, la competenza a decidere, nell'ambito dell'autorità giudiziaria militare, appartiene al giudice dell'esecuzione: ciò sia perché tale soluzione meglio si adegua alla natura di un istituto, che come quello della liberazione condizionale, inerisce al rapporto di esecuzione della sentenza penale di condanna, sia perché non sono comunque possibili soluzioni diverse, posto che, in mancanza di giudici di appello all'interno dell'organizzazione giudiziaria militare, la competenza non potrebbe essere attribuita né al Tribunale Supremo Militare, in quanto così si affiderebbe il giudizio di merito a un organo di legittimità e si eliminerebbe un grado di giurisdizione, né al giudice di sorveglianza, perché in questo magistrato monocratico non può individuarsi l'organo di adeguato livello, di cui fa menzione nella sua pronunzia la Corte costituzionale, e in quanto a lui sono attribuite funzioni che non si conciliano con il potere decisorio di disporre l'interruzione del rapporto esecutivo.