(massima n. 1)
Alla luce del principio costituzionale del giusto processo, non ha rilevanza preclusiva l'errore della parte che abbia proposto ricorso per cassazione facendo affidamento su una consolidata giurisprudenza di legittimità sulle norme regolatrici del processo, poi travolta da un mutamento interpretativo, sicché il ricorso non può essere dichiarato inammissibile o improcedibile per inosservanza di forme e termini il cui rispetto non era prescritto al momento dell'impugnazione, essendo stato imposto dall'"overruling". Il mezzo per ovviare all'errore oggettivamente scusabile è dato dalla rimessione in termini ex art. 184 bis c.p.c. (applicabile "ratione temporis"), non ostando il difetto dell'istanza di parte, atteso che la causa non imputabile è conosciuta dalla Corte di cassazione, che, con la sua stessa giurisprudenza, ha dato indicazioni sul rito, "ex post" rivelatesi inattendibili. (Principio affermato circa il ricorso per cassazione proposto dal consulente tecnico dell'autorità giudiziaria penale nelle forme del rito penale anteriormente alla sentenza n. 19161 del 2009, con la quale le Sezioni Unite, innovando la giurisprudenza della S.C., hanno stabilito la natura civile del giudizio di opposizione al decreto di liquidazione del compenso, pur se emesso in sede penale).