(massima n. 1)
La deduzione con l'atto di appello, da parte del convenuto in primo grado dichiarato contumace, della nullità della citazione introduttiva di quel giudizio per un vizio afferente alla "vocatio in ius", non dà luogo, ove ne sia riscontrata la fondatezza dal giudice dell'impugnazione, alla rimessione della causa al primo giudice, atteso che tale ipotesi non è riconducibile ad uno dei casi tassativamente indicati negli artt. 353 e 354 c.p.c., ma impone al giudice di appello di rilevare che il vizio si è comunicato agli atti successivi dipendenti, compresa la sentenza, e di decidere la causa nel merito, previa rinnovazione degli atti nulli, senza che, tuttavia, sia necessario disporre la rinnovazione dell'atto di evocazione in giudizio, giacché l'effetto sanante, in relazione a tale atto, deve considerarsi prodottosi, ai sensi dell'art. 156, terzo comma, c.p.c., dalla proposizione dell'appello della parte illegittimamente dichiarata contumace in primo grado, ancorché operante "ex nunc", poiché, diversamente opinando, si verrebbe a configurare una grave violazione del principio di effettività del contraddittorio, di rilevanza costituzionale.