(massima n. 1)
In caso di illegittimo disconoscimento del diritto del lavoratore già collocato a riposo di proseguire nella prestazione lavorativa fino al quarantesimo anno utile al raggiungimento della pensione, il risarcimento del danno spettante a quest'ultimo non deve essere diminuito degli importi eventualmente ricevuti dall'interessato a titolo di pensione, atteso che il diritto al pensionamento discende dal verificarsi di requisiti di età e contribuzione stabiliti dalla legge, sicché le utilità economiche che il lavoratore ne ritrae, dipendendo da fatti giuridici del tutto estranei al potere di recesso del datore di lavoro, si sottraggono all'operatività della regola della compensatio lucri cum damno Tale compensatio d'altra parte, non può configurarsi neanche allorché, eccezionalmente, la legge deroghi ai requisiti del pensionamento, anticipando, in relazione alla perdita del posto di lavoro, l'ammissione al trattamento previdenziale, sicché il rapporto fra la retribuzione e la pensione si ponga in termini di alternatività, nè allorché il medesimo rapporto si ponga invece in termini di soggezione a divieti più o meno estesi di cumulo tra la pensione e la retribuzione, posto che in tali casi la sopravvenuta declaratoria di illegittimità del diniego del diritto alla prosecuzione dell'attività lavorativa travolge ex tunc il diritto al pensionamento e sottopone l'interessato all'azione di ripetizione di indebito da parte del soggetto erogatore della pensione, con la conseguenza che le relative somme non possono configurarsi come un lucro compensabile col danno, e cioè come un effettivo incremento patrimoniale del lavoratore. (Nella specie, la S.C., enunciando il principio di cui in massima, già fatto proprio dalle Sezioni Unite per l'ipotesi del licenziamento v. S.U. n. 12194 del 2002 ha accolto il ricorso di un dipendente comunale che, collocato a riposo dal gennaio 2002, si era vista negare la possibilità di proseguire il rapporto fino al quarantesimo anno utile alla pensione e, per l'effetto, decidendo nel merito, ha condannato il Comune datore di lavoro al pagamento delle retribuzioni spettanti al ricorrente fino all'aprile 2003 senza decurtazioni di sorta ).