(massima n. 1)
È affetta da vizio di motivazione la sentenza con la quale il giudice di merito, a fronte di precise e circostanziate critiche mosse dal consulente tecnico di parte alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, non le abbia in alcun modo prese in considerazione e si sia invece limitato a far proprie le conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio, giacché il potere di detto giudice di apprezzare il fatto non equivale ad affermare che egli possa farlo immotivatamente e non lo esime, in presenza delle riferite contestazioni, dalla spiegazione delle ragioni – tra le quali evidentemente non si annovera il maggior credito che egli eventualmente tenda a conferire al consulente d'ufficio quale proprio ausiliare – per le quali sia addivenuto ad una conclusione anziché ad un'altra, incorrendo, altrimenti, proprio nel vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia. (Nella specie, la S.C., enunciando il riportato principio, ha cassato con rinvio l'impugnata sentenza con la quale, in un giudizio risarcitorio per lesioni conseguenti ad assunta responsabilità sanitaria, la corte di appello aveva confermato la statuizione di rigetto della domanda adottata in primo grado, rilevando, in modo apodittico e senza un preciso riscontro dei plurimi rilievi formulati dal consulente di parte anche in appello a seguito di rinnovazione della consulenza tecnica d'ufficio, la piena attendibilità delle risultanze di quest'ultima, in quanto ritenute fondate su elementi di valutazione assolutamente condivisibili e conformi ai dati riscontrati ed esaustivamente motivati con osservazioni pertinenti e logiche, corrispondenti anche ai risultati peritali d'ufficio scaturiti in primo grado, con conseguente insussistenza delle decisive incongruenze denunciate dall'appellante).