(massima n. 2)
L'acquiescenza tacita prevista dall'art. 329 c.p.c. è configurabile quando l'interessato abbia compiuto atti certamente dimostrativi della volontà di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia e dai quali, perciò, si possa desumere, in modo preciso ed univoco, l'intento di non avvalersi dell'impugnazione. Pertanto, non può essere considerata acquiescenza tacita – rispetto alla sentenza di appello che dichiari la nullità della notificazione della citazione introduttiva del giudizio di primo grado e rimetta le parti al primo giudice ai sensi dell'art. 354 c.p.c. – la riassunzione della causa davanti al giudice di primo grado quando siano ancora aperti i termini per l'impugnazione di detta statuizione, trattandosi di iniziativa riconducibile ad esigenze cautelative e, comunque, non incompatibile con la volontà di avvalersi di tale mezzo di impugnazione, che, se proposto, non può essere conseguentemente dichiarato inammissibile. Peraltro, la prevista interruzione del termine di riassunzione, disposta dall'art. 353, terzo comma, c.p.c. quando la sentenza di appello che abbia ordinato la rimessione della causa al primo giudice sia stata oggetto di ricorso per cassazione, non rendendo irrituale la riassunzione che sia avvenuta prima della proposizione del ricorso per cassazione, comporta soltanto che il giudizio riassunto debba intanto essere sospeso, in applicazione dell'art. 48 c.p.c., che, nell'ambito del sistema e con efficacia di principio generale, regola il coordinamento tra il giudizio riassunto dinanzi al diverso giudice e il giudizio di impugnazione della sentenza, che abbia disposto la relativa translatio iudicii.