(massima n. 1)
La parte che deduce il contrasto di una norma legge statale con la disciplina comunitaria in tema di aiuti di Stato ha l'onere di allegare e provare gli elementi di fatto necessari a dimostrare la ricorrenza nel caso concreto di un aiuto di Stato, essendo escluso che il giudice di merito debba accertare d'ufficio l'esistenza di tali elementi al fine dell'eventuale disapplicazione della norma in questione. Ne consegue che qualora l'incompatibilità comunitaria dell'azione revocatoria esercitata nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, di cui al D.L. 30 gennaio 1979, n. 26, convertito in legge 3 aprile 1979, n. 95 (applicabile ratione temporis), non venga dedotta in astratto, ma in relazione ad un fatto specifico — quale, nella specie, l'essere stata detta azione promossa in pendenza della fase conservativa della procedura e prima dell'inizio della fase liquidatoria — il giudice non può conoscere dell'eccezione se non sono allegati e provati i fatti su cui essa si fonda, mentre il potere di allegazione della parte interessata va esercitato nei tempi e nei modi previsti dal rito in concreto applicabile, soggiacendo alle relative preclusioni e decadenze. (Sulla base dell'enunciato principio, la S.C. ha ritenuto quindi tardiva, ai sensi del combinato disposto degli artt. 183 e 345 c.p.c., l'eccezione «comunitaria» proposta dal convenuto in revocatoria soltanto nella comparsa conclusionale in primo grado e quindi rinnovata con l'atto di appello).