Cassazione civile Sez. III sentenza n. 3947 del 22 febbraio 2006

(3 massime)

(massima n. 1)

L'art. 395 c.p.c., indicando quale presupposto dell'istanza di revocazione che si sia giudicato su prove «dichiarate false» postula che tale dichiarazione sia avvenuta con sentenza passata in giudicato (in sede civile o penale) anteriormente alla proposizione dell'istanza di revocazione, con la conseguenza che è inammissibile l'istanza di revocazione basata sulla falsità di prove da accertare nello stesso giudizio di revocazione. Ai fini dell'ammissibilità dell'istanza di revocazione è necessario, altresì, che il giudicato (civile o penale) sul falso si sia formato in un giudizio, al quale abbiano partecipato tutte le parti del giudizio in cui è stata emessa la sentenza assoggettata a revocazione, restando esclusa, inoltre, la possibilità che detto giudicato possa desumersi se non per via diretta e principale e quindi in via incidentale.

(massima n. 2)

Per l'accertamento, in sede civile, della falsità di una prova, al fine di poter proporre sulla base di esso azione di revocazione ex art. 395 n. 2 c.p.c., la dichiarazione giudiziale di falsità potrà ottenersi col mezzo speciale della querela di falso tutte le volte in cui l'impugnativa sarà rivolta contro un documento avente fede privilegiata, e in tutti gli altri casi mediante la proposizione di un'azione di mero accertamento, in quanto la regola secondo la quale le azioni di mero accertamento possono avere ad oggetto solo i diritti e non anche i fatti subisce eccezione nei casi espressamente previsti dalla legge, tra i quali rientra l'autonomo giudizio di falsità della prova, propedeutico alla proposizione della domanda di revocazione ai sensi dell'art. 395, n. 2 c.p.c.

(massima n. 3)

L'art. 395,n. 2, c.p.c., laddove richiede come presupposto di ammissibilità della domanda di revocazione la falsità della prova accertata in un precedente giudizio, c.p.c., si riferisce alla prova intesa in senso lato, come qualsiasi mezzo o strumento predisposto dalla legge perché il giudice possa, attraverso un'attività percettiva o induttiva, formarsi un convincimento circa l'esistenza o l'inesistenza dei fatti rilevanti per la decisione della causa; ne consegue che tra le prove la cui falsità è rilevante in questa sede sono da ritenersi incluse, oltre a tutte le prove tecniche – con esclusione del solo giuramento – anche la consulenza tecnica d'ufficio e la perizia svolta nel processo penale.

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