(massima n. 1)
Per il principio d'autosufficienza del ricorso per cassazione, valido oltreché per il vizio di cui all'art. 360, n. 5 anche per quello di cui all'art. 360, n. 3 c.p.c., il ricorrente che denunzia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, quali quelle processuali, non può limitarsi a specificare solo la singola disposizione di cui si denunzia, appunto, la violazione, ma deve indicare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti d'operatività di detta violazione. Ne consegue che la denunzia d'illegittimo rifiuto da parte del giudice di merito di un prova documentale, non può limitarsi ad affermare genericamente che il documento è rinvenibile «nel fascicolo di primo grado» per non essere il ricorso stesso idoneo, per l'ampiezza dell'espressione usata, ad impedire il pericolo di un «soggettivismo giudiziario» perché costringe il giudice non solo ad una ricerca, non sempre agevole, del suddetto documento tra gli atti (talvolta numerosi) di causa, ma, una volta rinvenutolo, all'accertamento necessario per decidere sulla ritualità del suo deposito, e della tempestività delle eventuali eccezioni che su tale documento si fondano, e che non possono essere sottratte ad un regolare e pieno contraddittorio tra le parti di causa. (Nella specie, la Corte di cassazione ha applicato il principio di cui in massima ritenendo che i ricorrenti non avessero rispettato il principio d'autosufficienza per aver fatto riferimento alle buste paga al fine di provare lo straordinario, senza indicare le modalità, anche temporali, d'acquisizione in giudizio di detti documenti; per aver lamentato la mancata ammissione delle prove testimoniali, senza tra l'altro indicare gli estremi per valutare la tempestività della richiesta; per aver evocato la mancata contestazione dei conteggi da parte del datore di lavoro, senza precisare se tale contestazione fosse relativa all'an o limitata al quantum scaturendo diverse conseguenze in ragione delle diverse modalità di contestazione; per aver lamentato il mancato esercizio da parte del giudice del lavoro dei poteri d'ufficio, senza però fornire alcun accenno alle condizioni legittimanti detto esercizio).