(massima n. 1)
L'esercizio del diritto di impugnazione non può prescindere dall'esistenza, in capo a chi se ne avvale, di un interesse che, dovendo essere concreto e attuale e configurandosi come condizione dell'azione, deve desumersi dal raffronto fra il contenuto della sentenza ed il gravame, e, in caso di ricorso per cassazione con cui si censuri la determinazione del danno da occupazione appropriativa, deve estrinsecarsi secondo il requisito dell'autosufficienza, che impone, da un lato, che la normativa di cui si invoca l'applicazione sia stata richiamata nel giudizio di appello e, dall'altro, che ivi sia stato fatto specifico riferimento ad un eventuale esito più favorevole in termini monetari mercé l'applicazione dei criteri e della normativa di cui si invochi l'applicazione in sede di legittimità (nella specie è stato ritenuto infondato, in quanto generico, il motivo di ricorso per cassazione che, contestando la liquidazione del danno da occupazione appropriativa compiuta dal giudice di merito mediante la riduzione, sul presupposto della ritenuta natura agricola del terreno, del trenta per cento del valore edificatorio proposto dal c.t.u., reclamava l'applicazione dei limitati indici di edificabilità previsti dalle norme di salvaguardia per le aree sprovviste di strumento urbanistico).