(massima n. 2)
La sospensione dei termini sostanziali e processuali relativi ai giudizi, anche arbitrali, in corso, stabilita dall'art. 6, comma primo, D.L. n. 513 del 1996 (non convertito in legge), a partire dal primo luglio 1996 al 30 giugno 1997, per raggiungere e conseguire la finalità di «definizione delle controversie relative alle opere realizzate per la ricostruzione post terremoto» delle regioni meridionali interessate, riguarda anche i processi in corso e, pur essendo del tipo c.d. anomalo, e cioè non riconducibile alla previsione dell'art. 295 c.p.c., ad essa si applica il termine semestrale perentorio, decorrente dalla cessazione della causa di sospensione, entro il quale le parti debbono chiedere la fissazione dell'udienza in cui il processo deve proseguire a pena di sua estinzione, ai sensi dell'art. 307 c.p.c. Infatti, l'applicabilità della disciplina acceleratoria stabilita dall'art. 297 c.p.c., che acquista valore generale in mancanza di una disciplina legislativa speciale, s'impone in via interpretativa nel rispetto dell'art. 111, secondo comma, ult. parte, Cost., il quale assicura la ragionevole durata del processo e dell'art. 6 CEDU, cui l'Italia ha prestato adesione con la Legge n. 848 del 1955, che non consente, nell'ambito del processo, inerzie o inattività di mera attesa. (In applicazione di tale principio, la Corte di cassazione ha respinto il ricorso proposto contro la sentenza di merito, con la quale era stata dichiarata l'estinzione del processo perché l'istanza di prosecuzione del giudizio, sospeso in ragione della disposizione speciale contenuta nel D.L. n. 513 del 1996, era stata depositata quando era già stato superato il termine di sei mesi dalla conoscenza della cessazione della causa di sospensione).