(massima n. 1)
Nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie dell'assicurato, le conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio disposta dal giudice di secondo grado con riguardo alla valutazione di situazioni di incapacità al lavoro non possono utilmente essere contestate in sede di ricorso per cassazione mediante la pura e semplice contrapposizione ad esse delle diverse valutazioni espresse dal consulente d'ufficio di primo grado, poiché tali contestazioni si rivelano dirette non già ad un riscontro della correttezza del giudizio formulato dal giudice di appello, bensì ad una diversa valutazione delle risultanze processuali; in ogni caso la contestazione di una decisione basata sul riferimento ad una delle consulenze tecniche acquisite – sorretta da una analitica disamina – non può essere adeguatamente censurata, in sede di legittimità, se le relative censure non contengono la denuncia di una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico-legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociali, atteso che, in mancanza di detti elementi, le censure configurano un mero dissenso diagnostico e, quindi, sono inammissibili in sede di legittimità.