(massima n. 1)
Il controllo di legittimità devoluto alla Corte di cassazione trova i suoi invalicabili limiti (al di là delle ipotesi di questioni rilevabili ex officio) nell'oggetto e nel contenuto dei motivi di ricorso (e non di eventuali, ulteriori — e, pertanto, irrilevanti — doglianze contenute in successive difese), nel senso che l'esame della questione sottoposta al vaglio della corte regolatrice deve arrestarsi alle sole argomentazioni ed affermazioni contenute nella sentenza impugnata che siano indicate come oggetto di censura da parte del ricorrente, ed alle sole, correlative censure conseguentemente sollevate. (Nella specie, la Corte territoriale aveva ritenuto che la indivisibilità della interruzione di un procedimento relativo a cause scindibili non fosse conseguenza di un principio di diritto più volte affermato dalla S.C., bensì effetto della dichiarazione della parte — poi ricorrente sul punto — che aveva chiesto, a suo tempo, al G.I. della causa di merito «la dichiarazione di interruzione nei confronti di tutte le parti in causa». La S.C., nell'affermare il principio di diritto di cui in massima, osservava, ancora, come non fosse, nella specie, consentito valutare la correttezza della ratio decidendi dell'impugnata decisione né sotto il profilo della esattezza dell'affermazione secondo la quale l'interruzione del processo, nel caso di specie, ben poteva esser dichiarata soltanto limitatamente alla parte colpita dall'evento interruttivo, né sotto quello della conformità a diritto della decisione adottata in concreto — interruzione dichiarata tout court in seguito a richiesta dalla parte — per non avere il ricorrente formulato espressa censura rispetto a tale profilo della motivazione).