(massima n. 1)
Il principio per cui, in caso di mancata riunione di distinte impugnazioni contro la stessa sentenza, la decisione sulla prima impugnazione rende improcedibile la seconda, trova applicazione con esclusivo riguardo alle impugnazioni pienamente rituali, per tali intendendosi – indipendentemente dalla formale statuizione che le riguarda – quelle idonee a fondare il potere-dovere del giudice di rendere una pronunzia sul merito delle medesime, in relazione alle quali è ravvisabile l'esigenza di evitare una frammentazione del giudizio, che il combinato disposto degli artt. 333 e 335 c.p.c. mira a prevenire. Il suddetto principio non è, pertanto, applicabile in presenza di un'impugnazione irrituale, perché formulata in violazione del criterio di competenza funzionale ed inderogabile stabilito dall'art. 25 c.p.c. (Nella specie, le due impugnazioni erano state proposte dinanzi ad uffici giudiziari diversi, sicché la riunione non era giuridicamente realizzabile, e l'irritualità dell'impugnazione oggetto della prima decisione non era stata rilevata in quella sede, ma tale decisione, non passata in giudicato, era stata annullata in sede di legittimità).