(massima n. 1)
Il provvedimento emesso ante causam in sede di procedura d'urgenza di cui all'art. 700 c.p.c., sia che accolga sia che respinga l'istanza, è del tutto inidoneo ad assumere valenza di giudicato tra le parti, anche nel caso in cui il giudice adito, prima di emettere il provvedimento, abbia svolto approfondite indagini al fine di accertare la esistenza del diritto e lo abbia dichiarato sussistente ovvero insussistente, poiché in tal caso la declaratoria è pur sempre espressa in sede di cognizione sommaria e nell'ambito di quell'indagine sul fumus boni iuris che è propedeutica alla concessione della misura cautelare invocata. A una diversa conclusione può pervenirsi solo nel caso eccezionale in cui il giudice adito in sede di tutela urgente manifesti nel corso del procedimento il proposito di passare dalla cognizione sommaria alla cognizione piena della controversia e pervenga a definire la lite in ogni suo aspetto (ivi compreso quello della ripartizione delle spese tra le parti), negando quindi univocamente il carattere di precarietà delle statuizioni adottate e astenendosi dal fissare il termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito (ai sensi dell'art. 702, secondo comma, abrogato e del vigente art. 669 octies).