(massima n. 1)
Nell'espropriazione forzata immobiliare, dopo che sia stata disposta la vendita con incanto e sia avvenuta l'aggiudicazione definitiva, il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione dichiari la decadenza dell'aggiudicatario, per non avere questi provveduto al versamento del prezzo nel termine assegnatogli, ed il provvedimento con il quale il medesimo giudice rilevi la sopravvenuta mancanza dei requisiti delle azioni del creditore pignorante e dei creditori intervenuti, per avere il debitore integralmente soddisfatto le loro ragioni, dichiarando conseguentemente l'improseguibilitā del processo (ancorché impropriamente formulandola in termini di estinzione), hanno entrambi natura di atti esecutivi, e contro di essi, pertanto, il rimedio esperibile č l'opposizione di cui all'art. 617 c.p.c., da definirsi con sentenza impugnabile soltanto con il ricorso per cassazione. Gli stessi atti, tuttavia, anche se emessi in pari data, in considerazione del contemporaneo riscontro delle sopra indicate situazioni, operano su un piano autonomo e distinto, in quanto mentre il primo incide sulle posizioni dell'aggiudicatario medesimo, il secondo, invece, incide sulle posizioni dei creditori e del debitore. Ne consegue che deve negarsi la legittimazione dell'aggiudicatario ad insorgere, con l'indicato rimedio, contro il secondo provvedimento, tenendo anche conto che l'eventuale fondatezza della sua opposizione, contro il provvedimento di decadenza dalla aggiudicazione, consente una riapertura del processo esecutivo al limitato fine di disporre il trasferimento del bene con consegna del ricavato al debitore, stante il soddisfacimento dei creditori).