(massima n. 1)
L'art. 229 c.p.c., secondo cui «la confessione spontanea può essere contenuta in qualsiasi atto processuale firmato dalla parte personalmente, salvo il caso dell'art. 117», va interpretato – avuto riguardo al precedente art. 228, che contrappone alla confessione giudiziale spontanea quella «provocata mediante interrogatorio formale» – nel senso che non può essere considerata giudiziale spontanea (e quindi non forma piena prova ai sensi dell'art. 2733, secondo comma, c.c.) la dichiarazione avente contenuto confessorio, se provocata dalle domande rivolte dal giudice in sede di interrogatorio non formale, e cioè con modalità diverse da quelle espressamente previste per l'interrogatorio formale dall'art. 230 c.p.c. Peraltro, non è da escludere la configurabilità di una confessione giudiziale spontanea anche in sede di interrogatorio non formale, qualora risulti dal verbale che la dichiarazione della parte non sia stata provocata da una domanda del giudice, bensì resa autonomamente, ed il verbale rechi la sottoscrizione personale della parte, necessaria ai fini della prova della consapevolezza e volontà della dichiarazione, ossia, in sostanza, del requisito della spontaneità.