(massima n. 1)
Quando occorre procedere all'esame di documenti che non siano in lingua italiana, l'art. 123 c.p.c. non obbliga, ma faculta il giudice a nominare un traduttore; del quale, pertanto, può farsi a meno qualora il documento prodotto sia accompagnato da una traduzione che, esibita dalla parte e ritenuta idonea dal giudice di merito, non sia stata oggetto di specifiche contestazioni della controparte. (Nella specie, trattandosi di procura ad lites rilasciata dal legale rappresentante dell'attrice, una «ditta statale» ungherese, con attestazione degli scopi istituzionali di questa e della qualità nonché dei poteri del rappresentante legale, con traduzione da parte di organo ufficiale ungherese e sua certificazione di conformità della traduzione all'originale, la convenuta aveva sollevato solo generiche e soggettive riserve circa la fedeltà della traduzione, ma aveva poi dedotto in cassazione l'inattendibilità della procura predetta sia in ordine alla lingua in cui era redatta, sia con riguardo ai poteri del legale rappresentante che l'aveva rilasciata. La Suprema Corte, nel rigettare tali deduzioni, ha enunciato il principio di cui in massima).