(massima n. 1)
Il generale divieto di divulgazione del ritratto di una persona, senza il suo consenso, può essere derogato solo quando la notorietà della persona effigiata spieghi o giustifichi un effettivo pubblico interesse ad una maggiore conoscenza di quella persona e ad una più completa informazione, sempre che non ne derivi pregiudizio all'onore, alla reputazione o al decoro della persona stessa. Ne consegue che il limite connaturato al pubblico interesse di soddisfare l'esigenza di informazione nei suoi vari aspetti consente pur sempre di invocare la tutela del diritto all'immagine quando questa sia utilizzata - senza offesa all'onore, alla reputazione o al decoro - per un fine, esclusivo o fortemente preminente, di mero lucro, in quanto né il diritto alla libera manifestazione del pensiero, né il principio di libertà della iniziativa economica possono giustificare l'utilizzazione della immagine altrui per scopi prettamente commerciali. Costituisce manifestazione del pensiero la pubblicazione sulla stampa dell'immagine di una persona, assurta a notorietà, nell'atto di compiere un'azione, tanto più se la pubblicazione sia corredata da titoli e didascalie. Pertanto, quando l'immagine sia stata già stampata, essa non può essere sequestrata, nemmeno nel caso che essa sia stata acquistata e divulgata in contrasto con altre norme, anche se di natura costituzionale, poiché il sequestro della stampa periodica è ammesso solo in due ipotesi, la prima delle quali esige la concorrenza di due requisiti: che si tratti di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi. Il giudice della convalida del sequestro deve tener conto non solo della sussistenza o meno delle condizioni che legittimavano l'autorizzazione del provvedimento cautelare al momento in cui questo è stato chiesto e concesso, ma deve anche evitare che il sequestro persista ingiustamente, accertando se dette condizioni sussistano o meno anche al momento della convalida. L'art. 700 c.p.c., se può consentire l'emanazione di provvedimenti cautelari atipici intesi a far cessare temporaneamente o a contenere il pregiudizio che deriva a terzi da una pubblicazione a stampa, non può, tuttavia, costituire la fonte del potere di concedere un provvedimento di sequestro della stampa vietato da altra norma dell'ordinamento giuridico e, in particolare, dall'art. 21 Cost., che lo consente solo con l'osservanza di limiti rigorosi. Pertanto il giudice, nel disporre la cessazione dell'abuso dell'immagine altrui a norma dell'art. 10 c.c., può ordinare con provvedimento d'urgenza il sequestro del materiale lesivo solo quando si tratti di materiale che, pur essendo destinato alla pubblicazione, non sia stato ancora stampato, poiché, diversamente, il provvedimento cautelare inciderebbe su una riproduzione a stampa che costituisce già una manifestazione attuale e concreta dell'esercizio del diritto di libertà tutelato dall'art. 21 Cost.