(massima n. 1)
In tema di custodia cautelare in carcere applicata, ai sensi dell'art. 275, comma 1-bis, cod. proc. pen., nei confronti del condannato per il delitto di associazione di tipo mafioso, per il quale l'art. 275, comma terzo, cod. proc. pen. pone una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, qualora intercorra un considerevole lasso di tempo tra l'emissione della misura e i fatti accertati, il giudice, pur nel perimetro cognitivo limitato alla verifica della sussistenza delle sole esigenze cautelari, ha l'obbligo di motivare puntualmente, su impulso di parte o d'ufficio, in ordine alla rilevanza del tempo trascorso sull'esistenza e sull'attualitą delle esigenze cautelari. (In applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del tribunale del riesame di conferma della misura custodiale emessa dal G.u.p., successivamente alla condanna del ricorrente per il reato di cui all'art. 416-bis cod. pen., rilevando che il lungo periodo di custodia cautelare - nella specie circa cinque anni - subito dal ricorrente per altro reato doveva essere valutato, unitamente all'epoca risalente dei fatti ed alla genericitą della dedotta permanenza della condotta associativa, quale elemento incidente sulla valutazione, in termini di concretezza ed attualitą, del pericolo di fuga e di quello di reiterazione che non divengono concreti ed attuali per effetto dell'intervenuta condanna).