(massima n. 1)
Dopo il fallimento del debitore, il creditore non può proporre domanda di risoluzione del contratto, neanche nell'ipotesi diretta ad accertare - con riferimento ad inadempimento anteriore - l'avveramento di una condizione risolutoria, a meno che la domanda non sia stata introdotta prima della dichiarazione di fallimento, atteso che la relativa pronuncia produrrebbe altrimenti effetti restitutori e risarcitori lesivi del principio di paritario soddisfacimento di tutti i creditori e di cristallizzazione delle loro posizioni giuridiche. Ne consegue che la domanda di risoluzione del contratto, quand'anche finalizzata ad ottenere il risarcimento del danno, è attratta dal foro fallimentare ex art. 24 l. fall., e può anche essere proposta incidentalmente in sede di opposizione allo stato passivo.