(massima n. 1)
La sentenza pronunciata a seguito del dibattimento di primo grado — celebrato con il rito ordinario — con la quale il giudice, ritenendo che il processo potesse essere deciso allo stato degli atti, abbia applicato la diminuente per il rito abbreviato, deve essere considerata a tutti gli effetti una sentenza dibattimentale, con la conseguenza che nei confronti del P.M. non opera la preclusione relativa alla proposizione dell'appello prevista dall'art. 443 comma 3 c.p.p.: tale limitazione costituisce, invero, una eccezione al principio di carattere generale relativo alla possibilità di appello da parte del P.M. e, come tale, non è suscettibile di estensione analogica, tanto più che l'applicazione della diminuente in esame, all'esito del dibattimento, costituisce un punto della decisione sul quale il P.M. può esprimere il suo dissenso mediante l'appello. Né ha rilievo che, in precedenza, all'udienza preliminare, il P.M. abbia eventualmente prestato il suo consenso alla definizione del processo con il rito abbreviato; infatti, una volta che il Gup abbia ritenuto di non poter procedere con il rito abbreviato, deve escludersi che il P.M., prestando il proprio consenso al rito abbreviato nella fase dell'udienza preliminare, abbia rinunciato preventivamente a proporre appello: in tal caso, invero, il P.M., non solo non resta vincolato al parere precedentemente espresso, ma riacquista la sua piena autonomia di giudizio, tanto più che nel corso dell'istruttoria dibattimentale potrebbero emergere ulteriori elementi giudicati dal P.M. di udienza di rilevanza tale da lasciar ritenere che il processo non potesse essere deciso allo stato degli atti.