(massima n. 1)
Nel caso in cui il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, il giudice del merito, nello scegliere il metodo c.d. «equitativo puro», compie una valutazione discrezionale basata su presunzione e su apprezzamenti di probabilità, la quale, per non risultare arbitraria, postula la necessità che siano fornite congrue ragioni del processo logico attraverso il quale il criterio equitativo è stato espresso e quantificato (nella specie, il giudice del merito, nel procedere alla liquidazione del danno in favore dei superstiti di due vigili del fuoco morti nell'adempimento del dovere, aveva escluso l'applicazione della tabella di capitalizzazione, assumendo di dover tenere conto del conseguimento da parte delle vedove di un posto di lavoro e della mancata precisazione della progressione in carriera delle vittime. La S.C., enunciando il principio di diritto di cui a massima, ha cassato la sentenza impugnata, rilevando che i vigili defunti disponevano di redditi lavorativi ben definiti da poter essere considerati come base di calcolo tabellare, che il giudice del merito non poteva tener conto del guadagno conseguito autonomamente dalle vedove senza considerare i costi ed i sacrifici che le stesse venivano a subire per la perdita familiare, che, altresì, il giudice stesso doveva necessariamente considerare, nella prospettiva del ristoro del danno futuro, il fatto notorio della progressione degli stipendi ed il progressivo allineamento ai costi della vita reale).