(massima n. 1)
La liquidazione equitativa del danno a norma dell'art. 1226 c.c. non è completamente sottratta al sindacato di cassazione, pur in difetto di una norma di legge che valga direttamente quale parametro di tale controllo, poiché la latitudine di scelta del giudice di merito trova un confine nella legale qualificazione della fattispecie come di responsabilità da inadempimento, alla quale consegue la necessità di mantenere la liquidazione entro il sistema codicistico di risarcimento espresso dalle formule degli artt. 1218 e 1223 c.c.: ne deriva l'inammissibilità del ricorso a criteri del tutto personali o irragionevoli di misurazione (così come di liquidazioni che valgano ad addossare all'inadempiente danni non imputabili oppure conseguenti solo indirettamente al fatto illecito, con violazione dell'art. 1226). Inoltre rimane applicabile l'ordinario sindacato sulla motivazione a norma dell'art. 360 n. 5 c.p.c., idoneo in particolare a censurare decisioni in punto di liquidazione equitativa basate su asserzioni tautologiche, contraddittorie o comunque insufficienti.