(massima n. 1)
In tema di valutazione della prova testimoniale, il giudice, pur essendo indubbiamente tenuto a valutare criticamente, verificandone l'attendibilità, il contenuto della testimonianza, non è però certamente tenuto ad assumere come base del proprio convincimento l'ipotesi che il teste riferisca scientemente il falso, salvo che sussistano specifici e riconoscibili elementi atti a rendere fondato un sospetto di tal genere. In assenza, quindi, di siffatti elementi, il giudice deve presumere che il teste, fino a prova contraria, riferisca correttamente quanto a sua effettiva conoscenza e deve perciò limitarsi a verificare se sussista o meno incompatibilità fra quello che il teste riporta come vero, per sua diretta conoscenza, e quello che emerge da altre fonti di prova di eguale valenza. (Principio affermato, nella specie, con riguardo alla deposizione resa dalla madre di figli minori cui l'imputato, padre degli stessi, aveva fatto mancare, secondo l'accusa, i mezzi di sussistenza).