(massima n. 1)
La disposizione di cui all'art. 4, comma 10, della legge n. 1423 del 1956, richiamata dall'art. 3 ter, comma 2, della legge n. 575 del 1965, espressamente limita, in tema di misure di prevenzione, le censure deducibili con il ricorso per cassazione alla violazione di legge, sicché l'ambito del sindacato devoluto alla Corte di legittimitą non si identifica con quello proprio del motivo di ricorso di cui all'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., ma ha una estensione pił circoscritta, non potendo evidentemente farsi coincidere la violazione di legge con l'illogicitą manifesta della motivazione. Pertanto, ne deriva che, oltre ai casi di mancanza di motivazione, col ricorso per cassazione contro i decreti emessi in materia di misure di prevenzione la motivazione deve ritenersi censurabile soltanto quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di logicitą, al punto da risultare meramente apparente, o sia assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito ovvero, ancora, quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare risultare oscure le ragioni che hanno giustificato l'applicazione della misura.